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Antidoto alla paura

Antidoto alla paura

L'antidoto per le paure, scoprire ed interrogarsi

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Cercare un antidoto che possa sconfiggere tutte le paure è ovviamente un’impresa pressoché impossibile. Certamente possibile invece è riuscire a diventare più consapevoli dei timori che ci attanagliano, capirne i motivi profondi per poi avere la chance di avere un confronto più franco con la realtà.

Era il caso di Luigi, un manager serio e meticoloso che dedito agli impegni lavorativi aveva raggiunto un’età nella quale sentiva il peso della mancanza di una relazione amorosa stabile; di storie ne aveva avute svariate alle spalle, ma sembrava finissero invariabilmente con una perdita di interesse da parte sua. Mi raccontò inoltre di aver sviluppato una curiosa paura: spesso quando doveva firmare dei documenti era preso da un inspiegabile attacco d’ansia che gli faceva tremare la mano, rendendo impossibile la firma. Ben presto fu evidente che il suo problema era riassumibile nel suo terrore nel prendere impegni duraturi, sentendosi sempre in una dimensione di ambivalenza rispetto alle assunzioni di responsabilità ed ai legami affettivi. Fu solo attraverso un lungo percorso di esplorazione della sua ambivalenza, anche verso di me, che poté attivarsi e dare un senso alle sue scelte. Così come nel lavoro psicologico anche nella letteratura ritroviamo la necessità della ricerca di senso: esso è sicuramente il leitmotiv di gran parte della storie, dei miti e delle favole. Il protagonista avverte una mancanza, un’assenza per alcuni versi incolmabile, e da quel preciso momento inizia la sua ricerca, attraverso un viaggio che ha la funzione di mettere alla prova il protagonista.

Ho trovato un’interessantissima lettura del viaggio come senso della vita da Kavafis in una famosa poesia dedicata al mito di Ulisse: Itaca Quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti che la strada sia lunga, fertile in avventure e in esperienze. I Lestrigoni e i Ciclopi o la furia di Nettuno non temere, non sarà questo il genere d'incontri se il pensiero resta alto e un sentimento fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo. In Ciclopi e Lestrigoni, no certo né nell'irato Nettuno incapperai se non li porti dentro se l'anima non te li mette contro. Devi augurarti che la strada sia lunga. Che i mattini d'estate siano tanti quando nei porti — finalmente, e con che gioia — toccherai terra tu per la prima volta: negli empori fenici indugia e acquista madreperle coralli ebano e ambre tutta merce fina, anche profumi penetranti d'ogni sorta, più profumi inebrianti che puoi, va in molte città egizie impara una quantità di cose dai dotti. Sempre devi avere in mente Itaca – raggiungerla sia il pensiero costante. Soprattutto, non affrettare il viaggio; fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio metta piede sull'isola, tu, ricco dei tesori accumulati per strada senza aspettarti ricchezze da Itaca. Itaca ti ha dato il bel viaggio, senza di lei mai ti saresti messo in viaggio: che cos'altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso. Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare. Costantinos Kavafis, 1911 Bisogna sottolineare che "gli accadimenti" non corrispondono strettamene a ciò che succede concretamente; si tratta piuttosto di un’evoluzione, di un cambiamento interno che porta il personaggio ad assumere una nuova ottica rispetto ai problemi che è portato ad affrontare. E’ per questo che nelle storie tante volte non è la conclusione che conta, ed anzi, il protagonista si ritrova in finale di nuovo nella scena iniziale da cui era partito, ma con uno sguardo diverso rispetto alla sua "realtà". Questo cambio di visuale nel percorso analitico, ad esempio, porta ad una confusione iniziale: la storia dell’individuo è sempre la stessa, quello che muta è la chiave di lettura, è il modo in cui la persona "dà un nuovo posto" alle categorie utilizzate per sperimentare se stesso.

In questo passaggio però vi è un momento in cui la persona sente di non avere punti di riferimento certi e che questa trasformazione corrisponda ad un salto nel buio. Ho constatato spesso, nella pratica clinica, come il fatto che l’essere soli richiami sia la sensazione del cadere, del venire a mancare il terreno sotto i piedi, in definitiva di una perdita delle certezze, sia quello del cedere, del lasciar andare e, quindi, del lasciarsi andare. La sensazione può essere avvertita come terribile, perché si sente di abbandonare delle credenze che hanno accompagnato la propria esistenza per anni, delle volte per decenni; accanto a questa sensazione però sopraggiunge quella di liberarsi di un peso, di poter finalmente accostarsi a nuove libertà. La confusione porta l’individuo, spesse volte, ad un rimettere in discussione i principi ed i valori su cui si è retta tutta la sua esistenza; vuol dire anche confrontarsi con parti di sé ritenute inaccettabili e tenute separate dalla propria consapevolezza. Il coraggio allora è una componente importantissima per affrontare questo tipo di passaggi: e per riuscire ad andare avanti e comprendere che la libertà interiore è qualcosa di possibile; ma questa è possibile solo ad una condizione: che venga conquistata. Solo attraverso una ricerca continua si arriva alla vera essenza del nostro esistere; nessuno ci può aiutare in questo percorso difficoltoso, perché nessuno può regalarci noi stessi.

La conquista della nostra unicità, la scoperta della nostra identità, non avvengono "naturalmente", non ci sono date come doni divini, ma vanno perseguite con convinzione e costanza. Dobbiamo scoprire le enormi potenzialità che ognuno di noi possiede, poiché non c’è nulla che sia impossibile, non esiste prova che non possa essere superata: ma questo è connesso alla possibilità, come sosteneva Bion, rivoluzionario psicoanalista, di imparare dall’esperienza. Apprendere dalle esperienze vuol dire affidarsi al cambiamento; ogni volta che impariamo qualcosa cambiamo, e questo ci porta a rivedere attraverso una nuova luce noi stessi. Lo sviluppo psicologico non può avvenire se rimaniamo impigliati nell’idea che "i giochi sono fatti": chi utilizza la rinuncia come strategia per affrontare la vita si accorge ben presto che è come se scegliesse di mettersi al bordo campo della propria partita invece di partecipare con entusiasmo. Nel momento in cui poniamo come pilastro della nostra esistenza il puntare sulla acquisizioni di competenze relazionali allora riusciamo ad innescare un vero e proprio processo di ricerca che può durare tutta la vita. Quando siamo immersi in questa dimensione siamo coinvolti in un processo vitale di cambiamento continuo: ciò che accade è che vi è uno scambio incessante che porta ad un arricchimento reciproco.

Porsi però come obiettivo il riconquistare il proprio sentirsi pienamente permette di non autolimitarsi e di vivere profondamente la propria esistenza; significa interagire con l’ambiente, esplorarlo con curiosità liberandosi dalle tensioni della paura del nuovo. Quando ci accostiamo alla propria dimensione interna scopriamo un grandissimo potere interno che riesce a modificare realmente la nostra vita: è una forza che è dettata dalla nostra unicità, dal nostro Sé creativo capace di costruire e tessere trame dalla bellezza indomabile.

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