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Paura patologica dell'aereo

Paura patologica dell'aereo

Come si costruisce e poi si subisce un attacco di panico?

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Facciamo l’ipotesi che io, prima di una situazione che mi preoccupa, senta di stare diventando rossa:

il cuore accelera il suo ritmo,

sto affogando nel respiro

mi sto agitando,

sento che sto perdendo l'equilibrio,

mi sento svenire.


Per risolvere la situazione spiacevole, provo a:

  • controllare le mie sensazioni fisiologiche;
  • evitare la situazione o rinviarla il più possibile;
  • chiedere aiuto, portandomi con me un aiutante con la funzione di " scialuppa di salvataggio ";
  • parlarne il più possibile a più persone.

La situazione con molta probabilità si ripresenterà ed io metterò in atto le soluzioni che ho tentato la prima volta, fino al momento in cui avrò "paura di avere paura dell’attacco di panico". Sarà questo aver paura della paura che innescherà l'escalation sino all'attacco di panico.

La mia profezia si è avverata: la paura della paura ha fatto sì che io abbia un attacco di panico in piena regola!

Le strategie terapeutiche che esporrò porteranno il paziente ad   impedire la messa in atto delle sue tentate soluzioni, in quanto responsabili della costruzione del problema.

Ma come è possibile decostruire quello che il paziente ha costruito, fargli gestire quanto attualmente sta subendo?

L'esempio della paura patologica di volare è significativo al mio scopo. La paura è una delle sensazioni più creative e democratiche che si conosca perché appartiene a tutti e può assumere le forme più bizzarre e creative.

Esistono tante paure quante se ne possono inventare. L’areo occupa al riguardo una delle prime posizioni, per le seguenti ragioni:

  • l'immaginario collettivo si nutre di timori di possibili incidenti o attentati;
  • il numero dei feriti in caso di incidente è pari a zero, a differenza di quanto potrebbe succedere con un altro mezzo di trasporto.

Diverse sono le sensazioni spiacevoli a cui espone l’aereo:

  • sono in prigione, non posso uscire quando lo desidero
  • mi sento soffocare in un luogo chiuso
  • sento una sensazione di vertigine e di poter cadere nel vuoto.

Facciamo insieme i passi per guardare in faccia la paura e trasformarla in coraggio.

Il lavoro inizia quattro settimane prima della partenza e consiste nei seguenti passaggi.

1)  Cerchiamo la paura più forte che scaccia la più piccola.
Parlare della paura alimenta e nutre il problema. Quindi "congiura del silenzio". Se parliamo, alimentiamo la nostra paura, come se mettessimo un fertilizzante speciale su una pianta e la facessimo crescere a dismisura.

2)  Proviamo la paura di chiedere aiuto.
Ogni volta che chiedo aiuto ricevo un immediato sollievo che poi si trasforma in danno perché il messaggio che ricevo è che io non sono capace. Il primo messaggio che ricevo infatti è " ti voglio bene, ti aiuto e ti proteggo", ma il secondo, più sottile ma più forte è" ti aiuto perché' da solo non puoi farcela". Questo secondo messaggio copre il primo e contribuisce ad aggravare i sintomi di paura.

3) " Aggiungiamo tanta legna per spegnere il fuoco".
Prescrivo il sintomo tramite l'utilizzo di un paradosso terapeutico: la "peggiore fantasia”, che consiste in una mezz' ora di tempo in uno spazio tutto mio in cui posso rimanere da sola e nel quale evoco le mie paure relative al volo e a tutto quello che di più pauroso e tragico  potrebbe capitarmi, cercando di far salire sempre di più il mio livello di ansia e lasciandomi andare a tutto quello che viene. Se mi viene da piangere, piangerò, se mi viene da urlare, urlerò. Fino a quando non suonerà una sveglia, che avrò caricato a suonare mezz'ora più tardi.  A quel punto andrò a lavarmi il viso e riprenderò le mie abituali attività quotidiane.

In altre parole, cerco di toccare il fondo per poi risalire.

E scopro che più cerco la paura e meno la trovo. Più mi sforzo di provocare l'angoscia e più la inibisco, proprio come quando spengo il fuoco aggiungendo tanta legna.

Il guardare in faccia la paura per esasperarla, paradossalmente, la annulla.

Continuo l'allenamento per due settimane e poi suddivido l'incontro con le mie paure in 5 appuntamenti di 5 minuti ciascuno nei quali, senza interrompere le mie attività quotidiane, volontariamente, vado incontro alle mie paure e le esaspero.

L'allenamento sarà completato quando riuscirò ad utilizzare la mia capacità di guardare in faccia la paura e di annullarla in tutti momenti in cui ne sentirò il bisogno o come antidoto a situazioni che prevedo ansiogene.

Arriva il giorno del volo

Ecco gli step.

1) " Spengo il fuoco aggiungendo tanta legna". Posso mettere in atto il mio allenamento alla" peggiore fantasia " rispetto a ciò che potrebbe accadere durante il volo e la permanenza a bordo e per tutto il tragitto dalla casa all'aeroporto in modo da annullare la paura tramite il tentativo di chiamarla volontariamente.

2) "Solco il mare all'insaputa del cielo"
La mia attenzione, che si sarebbe altresì concentrata sulle mie reazioni fisiologiche, verrà portata altrove, impedendomi di arrivare alla situazione di panico. Come?

Giunta in aeroporto, nell'andare verso l’imbarco, osservo attentamente, anche prendendo appunti, come si manifestano le paure negli altri passeggeri. Cerco di "scovare" nelle loro espressioni, nei loro gesti, nei loro sguardi e nei loro comportamenti i segni delle loro paure. C'è chi gesticola, chi parla continuamente, chi si chiude nel silenzio etc. E continuo a farlo fino a quando l’aereo avrà stabilizzato la sua posizione in quota. In quel momento potrò rilassarmi e non sentire il viaggio come minaccioso e pieno di insidie.

Per completare il percorso dovrò curare il passaggio tra apprendimento ed acquisizione per rendere stabile i risultati ottenuti e sviluppare fiducia nelle mie risorse di crescita e autonomia.
Ecco un esempio di come si possa vincere la paura patologica che rischiava di farmi morire ogni giorno.

Ho vinto la paura senza combatterla.

E di esempi se ne possono trovare tanti quante sono le paure patologiche.

Una terapia apparentemente magica?

Certo, ma ad una condizione: che ciascuno diventi il mago di se stesso.

A chi abbia interesse ad approfondire gli aspetti teorici e clinici della terapia breve strategica, può  consultare i testi di Nardone G. e Watzlawick P.

Dott.ssa Pierangela Bonardi
Psicologa/psicoterapeuta
SITO WEB: http://www.pierangelabonardipsicologa.it

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